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Quali furono gli eventi che resero possibile la Marcia su Roma e l’incarico conferito a Mussolini da Vittorio Emanuele di formare il governo, primo passo verso la dittatura? Ottobre 22 vuole indagare, attraverso la finzione drammaturgica e l’analisi dei fatti, la mancata messa fuori legge degli organizzatori della Marcia e il punto di vista di coloro (primo tra tutti l’allora Presidente del Consiglio, Facta) che si illusero di poter assorbire i manganellatori nel quieto alveo della legalità statutaria e che invece finirono per essere tragicamente ingannati dal Duce.
Sul palco Renato Sarti a interpretare Facta e Fabio Zulli nel ruolo di un giovane che porta sul proprio corpo le conseguenze dei terribili scontri di piazza di quei tragici frangenti.
Nato dalla collaborazione tra Renato Sarti e Sergio Pierattini, il progetto s’inserisce perfettamente all’interno dell’attività del Teatro della Cooperativa, che pone la memoria storica come uno degli elementi cardine delle sue produzioni e da sempre si impegna a raccontare eventi cruciali del XX secolo offrendolo spunto per una visione differente della storia e delle storie, indagandole, grazie alla ricchezza anche emozionale del linguaggio teatrale, da punti di vista inediti.
Fondamentale a questo proposito la consulenza di Mimmo Franzinelli, uno tra i più autorevoli studiosi del fascismo e dell’Italia repubblicana.
La drammaturgia è altresì permeata da un linguaggio adatto e aderente all’epoca: Pierattini ha attinto a piene mani dalle lettere di Luigi Facta alla moglie, a Vittorio Emanuele, a Mussolini, dipingendo così un ritratto a cavallo tra il pubblico e il privato di un uomo spesso messo in disparte dal Duce, dai fascisti, del re e da altre ingombranti personalità, ma la cui responsabilità politica e morale ha dettato i successivi vent’anni.
Per non snaturare la storia e piegare le vicende alla mercé degli espedienti narrativi, Pierattini si serve di una cornice onirica: è il sogno il luogo, fisico e mentale, in cui Facta si trova a fare i conti con se stesso, con le proprie scelte, con la propria incapacità di opporsi a un gravissimo attentato alla democrazia liberale. Non avendo a che fare con un alto esponente politico ma con un uomo del popolo, vittima indiretta della sua inettitudine, il Presidente del Consiglio si trova di fronte uno specchio che gli restituisce il feroce giudizio storico che, inevitabilmente, gli verrà assegnato: quello di un uomo che, ricoprendo un ruolo per cui non era all’altezza, è stato inghiottito dal ciclone della storia e ha sulla coscienza le sorti di un Paese.
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