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“Crudo e orgiastico, violento e raccapricciante, humournero, pathos; un altro sipario squarciato sullafamigliola della villetta a schiera che alleva figli comecani per venderne la carne all’amico e compliceristoratore. Ahi ahi, prevedo ancora una volta reazioniforti da parte del pubblico.”
Aquilino
Canicani racconta, spingendola alle estreme conseguenze, la deriva antropofaga di una società in cui tutto è mercificabile. A cominciare proprio dal corpo, esibito, venduto, comprato – anche a pezzi, un tanto a organo – e sconciato a seconda delle necessità del potere, sia esso economico oppure legato alle strutture della società e della famiglia. La forma scelta per raccontare questo estremo degrado è quella del teatro musicale, con i personaggi a rappresentare sé stessi e le loro miserie – umane e disumane – in un folle karaoke omicida, sempre alla ricerca di un “pubblico”, teatrale o televisivo che sia, che li confermi nel loro assurdo, grottesco esistere. I “Canicani” ci offriranno i loro corpi e le loro sofferenze da consumare come spettacolo, dati in pasto sotto i nostri occhi all’orco di turno, costretti a cantare e danzare insieme a noi la macabra e sguaiata danza del potere.
Stefano de Luca
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