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LINE

LINE_ph. Laila Pozzo (3)

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di Israel Horovitz | traduzione Susanna Corradi
regia Renato Sarti
con Valerio BongiornoFrancesco MeolaRossana Mola,
Mico PugliaresFabio Zulli
costumi Carlo Sala
assistente Chicco Dossi | luci Jacopo Gussoni
produzione Teatro della Cooperativa
con il contributo di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo - Progetto NEXT

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-Una scena nuda, una linea. Cinque personein fila per non si sa bene quale evento, non è specificato e in realtà non è nemmeno importante. L’importante è essere i primi. Non per merito, non per efficienza, non per qualifiche: semplicemente, precedere gli altri. Questa è la premessa del surreale atto unico di Israel Horovitz, dai fortissimi echi beckettiani. Line, scritto nel 1967, parla della competizione, cifra e piaga della civiltà occidentale, ieri come oggi. Se poi si considera che la parola line in inglese ha anche il significato di battuta teatrale, si possono scorgere in questo testo echi legati al mondo dello spettacolo.

Quando la scena si apre, in fila c’è soltanto Flaminio: grezzo, non particolarmente intelligente, patito del pallone, ha passato la notte davanti alla linea bianca per accaparrarsi il primo posto. Le cose però cambiano non appena entra in scena Stefano, giovane tanto appassionato di Mozart quanto ossessionato dalla morte, che con la sua parlantina cerca subito di circuire Flaminio. Si uniscono poi l’ambiziosa Moira, che tenterà di imporsi usando le armi della seduzione e della sensualità, Dolan, il venditore filosofo che cade sempre in piedi, e Arnallo, l’inetto e remissivo marito di Moira. Cinque ruoli per cinque personaggi dal carattere ben definito, in una sfida in cui ognuno ambisce a essere primo e a essere il protagonista della scena.

L’azione drammatica prosegue in un crescendo di tranelli, sotterfugi, conflitti e scontri, anche fisici, che culminano in un delirio assurdo e parossistico.

RASSEGNA STAMPA

Un valido esempio del teatro del grottesco riletto con graffiante ironia dalla scorrevole regia di Renato Sarti. Ottimo il cast di attori a iniziare da Mico Pugliares, il primo in scena, a sipario aperto, da solo e il suo incipit canticchiato è quello che più ricorda atmosfere beckettiane: bravo davvero. Talentuosi anche Francesco Meola (Stefano) e Fabio Zulli (Dolan) in un mix di furberia e cattiveria nei limiti che il buon teatro richiede. Valerio Bongiorno è il marito Arnallo di Moira, brillante nel disegnare un personaggio caricaturale, tratto con mestiere dall’infinita sua carriera che lo vide, non solo all’inizio, raffinato e moderno clown. Per ultima ho lasciato Rossana Mola, che da attrice e donna moderna e assolutamente intelligente è riuscita a gestire alla grande un personaggio così lontano dall’attuale cultura dei più. Una Rossana Mola da applausi.

Lasciatevi alle spalle pregiudizi di sorta e ricordando sempre che si tratta di un testo vecchio di cinquant’anni andate a vederlo, perché vale la pena soprattutto per il lavoro registico e la grande interpretazione di tutti gli attori.

 Adelio Rigamonti, teatrandomilano.it

È bravo il regista Sarti a trasformare il testo scenico in un concertato, in un crescendo rossiniano, dove, a poco a poco, si svela il dio del gioco al massacro che abita i personaggi. Trova efficacemente anche una comicità fisica, oltre che verbale, intuendo le potenzialità da commedia dell’arte di questo particolare testo. […]

Tutto il gruppo di interpreti conduce un ottimo gioco di squadra, fanno divertire in scena e si divertono nel farlo (e si vede). Si passano la palla, delle battute e della presenza, con tocchi brevi e precisi. In un gioco carioca da fantasisti brasiliani, dimostrano, nella visione d’insieme dello spettacolo, quanto sia vera la massima della psicologia gestalt: “Il tutto è maggiore della somma delle sue parti”. Diventa così vorticoso il palleggio delle battute tra loro, che, a un certo punto, si rimane incantati da quel gioco, in grado di lasciare il difensore imbambolato, quasi ipnotizzato, per poi tirare un pallone imprendibile verso la porta.

Si tratto di Teatro con la T maiuscola, dove è la recitazione la protagonista assoluta, dove tutto è incastonato in quel susseguirsi preciso, lineare, di tempi e di ritmi. Un’equazione dal risultato, in questo caso paradossale, per cui ognuno rivendica la propria primarietà; mentre, da qualche parte, un Salieri cinematografico potrebbe perdonarci il nostro essere molto più a sud non solo dei santi beniani, ma anche dalle coordinate della genialità.

 Danilo Caravà, Il Teatrante

C’è tanta fisicità nel lavoro dei bravissimi cinque attori e Renato Sarti ha saputo allestire una perfetta prova corale che diverte il pubblico mentre “massacra” la nevrosi della società moderna.

 Mi-Tomorrow

Line è pervasa da un umorismo feroce che mette a nudo i vizi e le bassezze umane, aggiungendo un tocco di realismo americano alla tradizione del teatro dell’assurdo.

 Raffaella Roversi, 2duerighe

Il testo mi è parso di gran stimolo riflessivo e di cocente attualità; attualità con la guerra ai confini dell’Europa, con il quotidiano non indagato, con il pensiero maschilista ai confini della misoginia che caratterizzano la figura femminile. Nella guerra ci sono interessi economici mostruosi, ma c’è anche tanta dinamica socio personale; nella fretta del quotidiano c’è la foglia di fico a celare scelte/necessità, il si deve, bisogna; nella misoginia c’è tutta la visione del secolo scorso non sufficientemente indagato. Soprattutto però mi preme evidenziare che l’adattamento scenico di Sartie la perizia dell’attrice/attori rendono la rappresentazione divertente, coinvolgente ed a tratti esilarante; personalmente trovo che la capacità di coinvolgere lo spettatore in riflessioni non poco impegnative, calandolo poco alla volta in quell’immaginario che solo il palcoscenico sa regalare, con un finale liberatorio in risate, sia passare una bella serata di teatro.

 Pippo Biassoni, agendaviaggi.com

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