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Maria Grazia Gregori, L’Unità – 28 marzo 2007

(…) L’inferno esiste, anzi è intorno a noi e dentro di noi: l’ha confermato papa Benedetto XVI. Figurarsi se non esiste il paradiso: lo ribadisce con sferzante ironia uno spettacolo anarchico e popolare dove si ride e parecchio come Io santo, tu beato in cui è di scena la Chiesa con due figure come Pio XII e Padre Pio presi rudemente in giro senza arzigogoli. Perché i due protagonisti, Renato Sarti (anche regista) e il suo sodale Bebo Storti, che insieme di battaglie ne hanno fatte moltissime dai tempi di Mai morti, usando il testo come un canovaccio, pur parlando di cose serissime, le vedono con un occhio ridente ma non per questo indulgente. Il pubblico, che a ogni replica ha affollato Io santo, tu beato in scena al Teatro della Cooperativa di Milano, costringendo a salti mortali chi cercava i biglietti, lo sa molto bene e si diverte a questo teatro di confine, dove il riso si confonde con il pensiero e il divertimento va di pari passo con la denuncia. Come non ridere, infatti, quando alle porte di un paradiso creato dalle scene di Carlo Sala, sulle onde della musica di Carlo Boccadoro e l’esibizione di un trio musicale grintoso come i Riddle, fra nuvole e angeli popputi si incontrano Pio XII con una tiara che riproduce la basilica di San Pietro e Padre Pio, frate di campagna, un gran colino luminoso piantato dietro le spalle a fare da santa corona? Si ride, ma intanto si rievocano pagine non proprio edificanti della storia della Chiesa: dalle crociate all’inquisizione, dalla vita dissoluta di certi papi alla discriminazione di sempre verso le donne, fino alla gigantesca merchandising, da Las Vegas, costruita attorno alla figura di Padre Pio, ai colpevoli silenzi della Chiesa sulla deportazione degli ebrei da parte di Pio XII, ma anche all’eccessiva indulgenza nei confronti della pedofilia dei preti. Di contro ecco il sogno di una Chiesa che stia dalla parte dei più poveri, che rifiuti la terribile e oscena povertà di alcune popolazioni, l’Aids galoppante (…) Non è sicuramente politicamente corretto questo Io santo, tu beato, ma sarebbe anche un po’ stupido aspettarselo. I nostri due eroi sono un fiume in piena e in omaggio alla commedia dell’arte giocano con il corpo e con i dialetti, improvvisano a braccio, castigano ridendo. Così ce n’è per tutti: da Panzerotten altrimenti detto anche Ratzi che sarebbe poi il papa attuale, a Ruini che «si prugnizza», a «Gipidue» (cioè Giovanni Paolo II) che ha chiesto scusa per gli errori della Chiesa ma che, avendo nel corso del suo papato fatto 482 santi e 1338 beati, costringe i nostri sbalestrati protagonisti ad aspettare fuori dalla porta del paradiso e poi a cercare il giudizio del pubblico, spesso considerato come punto di riferimento. E che dire del liberatorio grido di «Rutelli no» e del ruggito per Mastella? Così succede che anche Dio, più volte evocato, appaia in scena nelle vesti di una ragazza del terzo mondo (Delma Pompeo), si fumi una canna e si incavoli anche di brutto chiedendo ai due il senso di certi comportamenti. E racconti – malgrado gli interventi di disturbo di Radiomariacensura affidati all’invisibile Daniele Luttazzi -, un mondo in cui, come cantano tutti, compreso Antonio Cornacchione, trascinato a forza con due ragazze dalla platea in palcoscenico, Everybody needs Somebody mentre in sala, sotto pressante invito dei due dioscuri, tutti si baciano… Insomma fosse tutto così l’inferno non sarebbe poi male, anzi sarebbe decisamente meglio, qualche volta, di tanti paradisi.

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