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Francesco Annarumma, MilanoTeatri.it, 7 maggio 2014

Un bravissimo Matthieu Pastore interpreta il ventenne Giovanni Pastore, addetto a pulire i cucchiaini nelle immense cucine del Titanic. Giovanni è morto durante l’affondamento del transatlantico eppure si regala ancora una volta, agli spettatori, con onestà e coraggio. Ne risulta non un personaggio ma un uomo che riesce a vivere tra passato, presente e futuro in un continuo concatenarsi di piani temporali sempre autentici e sempre vibranti. Il Titanic, negli occhi di Giovanni Pastore, diviene metafora di un mondo caduto ma che in fondo si ripropone ancora oggi: medesime sono le crisi e le differenze sociali, il lavoro precario e i sogni che si infrangono nell’immobilità di una società uguale a se stessa e di un secolo che non va avanti ma si ripropone. Giovanni Pastore è ognuno di noi, anche e soprattutto oggi. […]

La drammaturgia è impeccabile e misurata. Ci accompagna nell’anima del personaggio dosando abilmente grazia e potenza. Contamina il linguaggio di inizio novecento a quello di oggi trasportandoci su diversi livelli temporali senza traumi o capogiri. La regia di Renato Sarti accompagna questo testo rispettandolo e esaltandone i momenti più poetici. Ottimi i giochi di luci. Matthieu Pastore con il suo Giovanni fa il resto.

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