Via Hermada, 8 – 20162 Milano -

Spettacoli prosa 16/17 Stagione 2016/17
Nessun spettacolo in programma

La Bottega del Caffé

La Bottega del Caffé

PRIMA MILANESE
produzione Teatro della Cooperativa
un progetto La Confraternita del Chianti
in collaborazione con Associazione K. e Teatro In-folio Residenza Carte Vive
da Carlo Goldoni
di Chiara Boscaro e Marco Di Stefano
con Valeria Sara Costantin, Giovanni Gioia, Marco Pezza, Diego Runko, Valentina Scuderi
regia Marco Di Stefano

SELEZIONE RITORNO AL FUTURO 2015 – RESIDENZA IDRA/C.T.B. CENTRO TEATRALE BRESCIANO

Guardate le miserie di questi personaggi e ridetene. E soprattutto fate sì che un giorno non si abbia a rider di voi.”

Carlo Goldoni

 Si dice “classico” di un testo che a distanza di secoli continua a parlare al pubblico. O a farlo ridere. La Bottega del Caffè di Carlo Goldoni è, a tutti gli effetti, un classico. Chiara Boscaro e Marco Di Stefano vi si sono accostati allo stesso tempo con grande rispetto e con tentazioni dissacratorie. Hanno cercato di “rivoltarla” la vicenda raccontata da Goldoni e si sono invece trovati a condividerne fedelmente il senso ultimo.
Scritta nel 1750, la commedia affronta con humour nerissimo uno dei “vizi” maggiormente in voga nella decadente Repubblica di Venezia: il gioco d’azzardo. Sono passati 260 anni e il gioco d’azzardo rimane, nonostante il tempo, una delle dipendenze più pericolose. Quella del gioco d’azzardo è la terza industria in Italia. Circa 750.000 persone sono affette da GAP (gioco d’azzardo patologico). Centinaia di migliaia sono le “macchinette” attive.
La storia è quella di Eugenio, giovane che passa intere notti perdendo tutti i suoi averi (averi della moglie, in effetti) e di Ridolfo, il proprietario de “la bottega del caffè” che fa di tutto per proteggere Eugenio. Attorno a loro, garzoni, mogli, maldicenti, truffatori e donne misteriose rendono la vicenda ricca di colpi di scena, equivoci, battute sagaci e svelamenti. E allora basta trasportare la vicenda nella nostra società, oggi. Dove il mondo digitale delle videolottery ha sostituito i tavoli delle fumose sale da gioco. Venezia? Milano? Roma? Napoli? Cosa cambia? Qui conta solo la sala slot, il luogo dove Eugenio passa tutta la sua giornata.

“Vogliamo tradurre ciò che Goldoni ha scritto per i suoi contemporanei in una lingua che restituisca la tragica ironia dell’autore, il suo umorismo nero, il suo sguardo disincantato. Vogliamo utilizzare tutti i mezzi che un gioco come il teatro ci offre. Ma, come Goldoni, lasciare sempre una porta aperta alla speranza, una possibilità di riscatto.
La Bottega del Caffè si svolge in una piazza. Un tipico campiello veneziano. Su questo abbiamo lavorato: trattare lo spazio teatrale come se fosse una piazza, avvolgendo il pubblico, recitando intorno a esso, parlando direttamente con lo spettatore come se fosse parte integrante di quella piazza. L’idea è quella di rendere collettiva una tragicommedia privata, come spesso accade nelle piccole comunità. Perché la piazza è un salotto buono, una vetrina, la platea delle grandi occasioni prima dell’apertura del sipario, ma è proprio lì che la maldicenza prospera.”
(Chiara Boscaro e Marco Di Stefano)

Così Carlo Goldoni (1750)
“Guardate le miserie di questi personaggi e ridetene.
E soprattutto fate sì che un giorno non si abbia a rider di voi.”

Così il pubblico di oggi (2015)
“Na cannunata!” (G., 30 anni)
“Ho conosciuto gli attori mangiando un hamburger. Bravi.” (S., 52 anni)
“Abbombaa!!!” (A., 17 anni)
“Complimenti. Spettacolo pazzesco.” (R., 49 anni)
“Conturbante…” (L., 74 anni)

ACQUISTA ONLINE  / ORARIO SPETTACOLI, PRENOTAZIONI  / INFO BIGLIETTI

  • linkedin
  • pinterest
Aggiungi appuntamento
Nessun spettacolo in programma

Rassegna Stampa

Maria Lucia Tangorra, teatroespettacolo.org
Il teatro, tempio del cosiddetto “play” diventa quasi il luogo ideale per mettere a tema la malattia del gioco, irriderla (con rispetto) e smascherarla. Tutti gli interpreti sono bravissimi nel mettere in atto il meccanismo di metateatro (con una sala sfruttata alla perfezione in ogni angolo) e nel rispettare i tempi della commedia destreggiandosi anche con le cadenze regionali senza cadere mai nella trappola della caricatura. Il tutto per ricordarci, in modo anche diretto, quanto avesse ragione Goldoni e come fosse abile nel fornire “morali della favola” senza salire sul piedistallo, facendo ridere lo spettatore anche di se stesso.
Chiara Palumbo, artapartofculture.net
Il disincanto della società che nasce in Goldoni e si amplifica nell’era del digitale e della vita costantemente sbirciata dalle telecamere. Una sintesi spietata la regala don Marzio – scacciato con ignominia per aver detto troppo e goduto nel mettere zizzania – mentre lascia una città di adulteri, malati di gioco, persone piccole, avare e affamate di mostrarsi, che ormai non hanno più nulla, eppure, chiosa ironico, «dove tutti sono felici».
Valeria Nicoletti su klpteatro.it
Quello dei confratelli è un affascinante metateatro, in cui cade ogni convenzione scenica, dall’abbattimento della quarta parete alle didascalie delle note di regia originali, in un gioco linguistico dove perfino gli “a parte”, tradizionalmente ignorati, si ritagliano il proprio spazio nello scambio di battute. Efficace la scelta di giocare con gli accenti e caratterizzare ogni personaggio con la propria cadenza regionale, uno dei tanti artifici che garantisce la continua forza comica del testo, che non risparmia tuttavia un retrogusto più amaro perché, come dice Ridolfo in chiusura, abbiamo riso di questi personaggi ma, da ora in poi, fate che non si abbia a ridere di voi.
Francesca Curto e Valentina Sorte su paneacquaculture.net
Marco Di Stefano non è da meno e firma una regia agile ed elastica. La chiave del suo lavoro sta nell’uso dello spazio scenico. La Bottega del Caffè si svolge infatti in un tipico campiello veneziano. Per riprodurre questo effetto, il giovane regista spezza il rapporto di frontalità fra pubblico e palcoscenico. Lo fa sia accogliendo in scena sei malcapitati spettatori, sia offrendo alla platea una “visione a 360 gradi”, spostando spesso l’azione dei personaggi lungo i corridoi laterali o il fondo della sala. L’impressione è quella di essere in una piazza e di partecipare collettivamente a una tragicommedia privata. Non è un caso allora che una vicenda come questa, piena di colpi di scena, equivoci e svelamenti sia l’occasione per La Confraternita del Chianti per sfruttare, mentre li addita, tutti i meccanismi teatrali. [...] Meritati dunque gli applausi.