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STAGIONE 2022/2023
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MATILDE E IL TRAM PER SAN VITTORE | 24 – 29 gennaio

Mola Marangoni_ph. Jacopo Gussonitesto e regia Renato Sarti
dal libro di Giuseppe Valota Dalla fabbrica ai lager
con Rossana Mola e Marta Marangoni
progetto audio Luca De Marinis
dramaturg Marco Di Stefano
sostenuto da NEXT 2017/18RegioneLombardia
con il patrocinio di ANPI, Istituto Nazionale Ferruccio Parri e ISEC e dei comuni di Albiate, Bresso, Cinisello Balsamo, Monza e Muggiò | produzione Teatro della Cooperativa con il sostegno di ANED

In seguito agli scioperi − i più grandi nell’Europa occupata dai nazisti – che durante la Seconda guerra mondiale paralizzarono i maggiori stabilimenti a nord di Milano, centinaia di lavoratori di Sesto San Giovanni e dei comuni limitrofi furono arrestati e deportati nei lager. Uomini sottratti ai propri affetti, costretti a vestirsi rapidamente per poi sparire. Madri, mogli, sorelle e figlie si precipitavano inutilmente al carcere di San Vittore e in altri luoghi di detenzione di Milano alla loro disperata ricerca.
Scritto da Renato Sarti, il testo nasce dalle testimonianze raccolte da Giuseppe Valota, presidente dell’ANED di Sesto San Giovanni e Monza recentemente scomparso, figlio di un deportato che perse la vita a Mauthausen.
Matilde e il tram per San Vittore mette in luce il “non eroismo” di migliaia di persone che si opposero al fascismo e al nazismo pagando un caro prezzo. Lo fa attraverso le voci di quelle donne che si ritrovarono improvvisamente costrette a gestire da sole un quotidiano di fame e miseria, nel terrore della guerra e dei bombardamenti. Nel dopoguerra per molte di loro incominciò un periodo d’attesa ancor più terribile. Dei cinquecentosettanta deportati delle grandi fabbriche, duecentoventitre non fecero ritorno e dieci morirono per le malattie contratte nel lager. Sia per le mogli, le sorelle, le madri e le figlie di quegli uomini che non tornarono, sia per quelle che ebbero la fortuna di riabbracciare il proprio marito, fratello, padre e figlio, la vita non fu mai più quella di prima.

Viviamo tempi veramente bui. Le offese a Liliana Segre, l’abuso e lo stravolgimento delle immagini e dei simboli della deportazione non sono fatti marginali, ma la punta di un iceberg grande e inquietante. In tutto il mondo assistiamo al risorgere di pericolosi populismi, che fanno leva sugli istinti più beceri e viscerali, sulla xenofobia, sul razzismo e sulla paura dello straniero. Molti vorrebbero portare indietro le lancette della storia e in questa partita giocata contro l’oblio − lo sport nazionale più praticato − il Teatro della Cooperativa si schiera in modo inequivocabile per fare, come ha sempre fatto, la sua parte. E il modo migliore mi è sembrato quello di partire dalle donne, perché fin dalle tragedie greche la loro voce è quella che meglio di ogni altra riesce con un impatto teatrale a rievocare l’orrore della guerra, che sempre nuovo si ripete. 

Renato Sarti

 

 

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