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LA GABBIA | 15 – 20 febbraio | Teatro Filodrammatici

(figlia di notaio)

LA GABBIA_F. Fabiani, V. Pastore_ph. S. Nanetti

di Stefano Massini
inserti drammaturgici, regia e scenografia Renato Sarti
con Federica Fabiani e Vincenza Pastore
musiche Carlo Boccadoro
disegno luci Luca Grimaldi e Marco Mosca
produzione Teatro della Cooperativa
Finalista Premio Ubu 2006 come Migliore novità italiana (o ricerca drammaturgica)

 

 

Un dialogo ad altissima tensione. Dopo undici anni di silenzio una madre, scrittrice di successo, va a trovare la figlia, ex brigatista, in prigione. Il silenzio è soffocante, più pesante delle parole stesse. Parole mai dette, per volontà o difficoltà. Una gabbia. Non solo quella fisica del carcere ma una gabbia dell’anima. La gabbia di un dialogo sempre rimandato, sfuggito, evitato finché poco a poco, nel vuoto siderale della stanza, si assiste al lento riaffiorare di discorsi perduti, di occasioni mancate e forse, alla fine, si troveranno possibili incroci anche se di strade diverse.

 

Ho sempre provato una forte attrazione per quei luoghi insospettati che si rivelano, nei fatti, autentici contenitori di parole. Luoghi che sono involucri di storie, scenari inconsapevoli e costanti di relazioni umane. Fra questi spazi c’è il parlatorio del carcere. Un luogo adibito soltanto a dialoghi. Uno spazio che nasce con l’esatta vocazione di accogliere scontri, incontri, racconti, confronti. E proprio per questa vocazione acquista una potente identità teatrale. Mi interessa esaminare il rapporto lucido, spietato, che rende quelle quattro pareti spettatrici silenti dei drammi di una sterminata umanità.

Stefano Massini

Avevo affrontato il tema della lotta armata in un testo segnalato al Premio Riccione nel 1991. Poi non mi sono più arrischiato, anche perché sentivo che doveva in qualche modo esserci una riflessione ulteriore, un’assunzione diretta e personale di responsabilità. Gli appartenenti alle varie organizzazioni armate erano la punta di un iceberg fatto di condivisioni, attrattive, affinità e simpatie. Non ci sono giustificazioni di sorta che tengano davanti alla violenza e al delitto ma bisogna avere il coraggio di ammettere che le gambizzazioni, i ferimenti e le uccisioni che colpivano i nemici del proletariato risentivano di un clima sociale infuocato. Molti, non comprendendo la pericolosità della situazione, gioivano. Padre Turoldo, il cardinale Martini e diversi uomini di Chiesa capirono, prima di altri, che bollare come mostri coloro che si erano macchiati di fatti di sangue non era di nessun aiuto alla comprensione dei fatti e non aiutava in alcun modo a superarli. Ne La Gabbia (figlia di notaio), scritto nel 2005, un giovanissimo Stefano Massini ha affrontato il difficile rapporto fra una figlia condannata per banda armata e la madre scrittrice, cercando di andare oltre al fatto meramente politico. A quasi dieci anni di distanza, anche per dare nuovo impulso alla riflessione su un fenomeno che non ha avuto eguali in Occidente per durata e dimensione, ho chiesto a Stefano di poter fare degli inserti drammaturgici nel suo lavoro e lui ha accettato. Non è facile che due drammaturghi, per esperienza ed età molto diversi, scelgano in qualche modo di collaborare sullo stesso testo. Lo trovo un fatto raro e assolutamente positivo, che può rivelarsi un’esperienza fruttuosa e un invito a percorrere, dal punto di vista teatrale, una nuova strada.

Renato Sarti

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