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Spettacoli prosa 17/18 Stagione 2017/18
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Mafie, maschere e cornuti

giullarata antimafiosa

Mafie, maschere e cornuti

PRIMA MILANESE
di e con Giulio Cavalli
fisarmonica Guido Baldoni

Non bisogna avere paura di ciò che non si conosce
ma bisogna temere ciò che crediamo vero
e invece non lo è.
Mark Twain

Dalla lezione dei giullari del Cinquecento abbiamo imparato che la risata è l’arma più potente contro i prepotenti: quando il potere è incapace di governare rispettando le regole teme la parola dei giullari, perché ha bisogno di nascondere le proprie impudicizie.
Le mafie, da sempre, sono un’incrostazione di potere che sopravvive grazie (anche) alla proiezione che riescono a dare di se stesse; ma quanto c’è di vero nella narrazione mafiosa (e di chi nel raccontarla finisce per celebrarla con un concorso culturale esterno) che quotidianamente ci viene proposta? Siamo sicuri che Riina (l’uomo che sognava di mangiare carne, comandare carne e cavalcare carne) potesse tenere da solo sotto scacco un intero Paese? E cosa ci dice lo scalcagnato covo di Provenzano?
Ripartendo dallo spettacolo Nomi, cognomi e infami (che ha girato l’Italia per ben dieci anni con oltre cinquecento repliche complessive) Giulio Cavalli smonta l’onorabilità mafiosa delle nuove leve, raccontandone i vizi privati e smontandone l’onore. Ci sono i mafiosi surgelati che ad Alcamo si incontrano nella cella frigorifera di un negozio di ortofrutta sperando di non essere ascoltati; i bambini di ’ndrangheta che scrivono lettere in cui sognano di “diventare boss come papà”; c’è il camorrista che si traveste da donna per coprire la propria latitanza; i fratelli Marchese (Cosa Nostra) che pensano di uccidere i genitori dell’amata di uno dei due per aggirare la norma che impedisce a un uomo d’onore di sposare una donna con genitori separati (ma non orfana); c’è il padrino che autorizza una storia di corna per “liberare” uno dei suoi picciotti; c’è il patetico giuramento mafioso con cui si viene “combinati” e molto altro.
Ripercorrendo le operazioni antimafia degli ultimi anni, Mafie, maschere e cornuti racconta la tragica comicità di una mafia che svelata non può fare così paura. Perché ridere di mafia è antiracket culturale. E le mafie, come tutte le cose terribilmente serie, meritano di essere derise.

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