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Foyer | Teatro della Cooperativa

IMG_8166_editKIDS. Ancora Piccoli Martiri
di Diego Randazzo
a cura di Sabino Maria Frassà.

“Pietà”
commento critico del curatore della mostra, Sabino M. Frassà

Pietà! Che sia a Dio o all’uomo di domani, l’unica cosa che possiamo dire è “abbi pietà di noi” per quello che abbiamo e continuiamo a fare: uccidere il futuro. Son passati 75 anni dalla tragedia di Gorla, il quartiere milanese nel quale nel 1944 morirono 184 alunni della scuola elementare Francesco Crispi, e ancora oggi nel mondo 10.000 bambini muoiono ogni anno a causa delle guerre. Sembra esser cambiato quasi nulla in questi 75 anni e la Storia pare ripetersi all’infinito. Anche le immagini di violenza trovano oggi un pubblico assuefatto che non si scandalizza né si scompone più di tanto nemmeno di fronte alla sofferenza dei più piccoli. Diego Randazzo interpreta questo dramma e attraverso le sue immagini riesce a cogliere l’universalità del dolore di un’ infanzia negata e distrutta.

Cuore della mostra sono due “Bandiere della memoria dei bambini martiri”: una bandiera con 204 stelle (quante sono le vittime di Gorla: 184 bambini, 14 insegnanti, la direttrice della scuola, 4 bidelli e un’assistente sanitaria) ricamate dall’artista insieme alla madre. A fianco una seconda “bandiera”, costituita da un imponente stampa in acetato che riporta trenta raffigurazioni del tema della Pietà e della Strage degli innocenti. Trenta non è un numero casuale ma il numero di bambini che ancora oggi ogni giorno muore a causa delle guerre. Il tema della Madonna sofferente con in braccio il figlio morto non trova riscontri nei Vangeli né nei testi Apocrifi, ma appare nella pittura di ambito tedesco verso la fine del XIII secolo.

La Madonna addolorata descritta dai testi sacri, sola e in preghiera, lascia spazio a questa immagine più terrena e realistica che evidenzia in qualche modo l’idea stessa di maternità: l’essere madre dura tutta la vita anche e soprattutto nel conforto nel dolore. Il successo di tale interpretazione in pittura e scultura non ha conosciuto confini: basti citare la Pietà di Cosmè Tura oggi al Museo Correr di Venezia o le note Pietà (superstiti) di Michelangelo a Roma e Milano o quella di Nicolas Coustou a Nôtre Dame di Parigi.

L’artista cerca anche così di trascendere il singolo evento di cronaca per ri-costruire una memoria collettiva universale: il dolore di un bambino di ieri e di oggi sono la stessa cosa, una profonda ingiustizia, che non ha alcun senso perpetuare e far riaccadere. L’universalità del dramma si rispecchia anche nel percorso espositivo che propone, sulle facciate dell’edificio, alcune vetrofanie in cui l’artista rielabora le immagini tristemente noti di bambini vittime di conflitti negli ultimi 75 anni. All’interno la mostra si completa con la restituzione visiva – disegni scansionati e stampati per la prima volta come negativi – dei ricordi dei bambini sopravvissuti alla strage di Gorla: dalle “D” maiuscole sul quaderno, alla fuga dalla scuola, al cappottino che si è lasciato in classe.

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