Livia Grossi, Corriere della Sera – 29 marzo 2007
Una piccola sala teatrale alla periferia della città da cinque settimane è presa d'assalto dal pubblico e dal giorno del debutto registra il tutto esaurito. Tra gli spettatori anche nomi noti: l'altra sera a ridere davvero di cuore c'era Daniele Luttazzi, giorni prima Cochi Ponzoni, Gioele Dix e la banda dei Comedians, con Gabriele Salvatores e Claudio Bisio in testa. Tutti qui per «Io Santo, tu Beato» (in scena fino al 31 marzo, esaurite anche le ultime repliche), produzione del Teatro della Cooperativa, quartiere Niguarda. Sul palco due amici da sempre, Renato Sarti (autore e regista) e Bebo Storti, nei panni di padre Pio, trasformato in «vu' cumprà» dall'accento pugliese. Si contende con Pio XII (Renato Sarti), o «ics 2» come lui stesso lo chiama, l'unico posto rimasto in Paradiso dopo i 482 santi e 1338 beati incoronati da Papa Wojtyla. Lotta che i due aspiranti combatteranno incolpandosi di gravi responsabilità. Se il prologo dichiara le intenzioni della messa in scena, rivincita dei teatranti dopo secoli di demonizzazione della Commedia dell'Arte da parte della Chiesa, il seguito diventa una pièce quasi seria che esalta (a suo modo) i veri valori del cristianesimo, spesso dimenticati da chi dovrebbe portarli avanti. A ricordarli c'è addirittura Lui, un solare Dio afro-brasiliano dalle fattezze femminili (Delma Pompeo) che, sostenuto dai suoi boys (il trio musicale Riddle), faticherà per farsi riconoscere. Musica dal vivo e risate per denunciare le pagine nere della storia cristiana, dall'inquisizione alle crociate. Fino ai casi di pedofilia, sottolineati da «Radiomariacensura» (voce fuori campo di Daniele Luttazzi).
Ugo Ronfani, Il Giorno – 8 marzo 2007
Wojtyla è stato di manica larga, 482 santi e 1338 beati: così il Paradiso si è intasato ed è rimasto un solo posto. A chi toccherà: papa Pacelli o padre Pio? S'anima fra i due una «santa zuffa» alle soglie di un paradiso di un naif da circo equestre, fra le strepitanti chitarre elettriche della blues band Riddle e i tuoni di un adirato Padreterno che alla fine s'appalesa sotto l'aspetto della cantante negra Delma Pompeo. Che strapazza i due, anima con la band un gospel-rock e invita le «sante pecorelle» in platea a designare democraticamente il santo superstite scegliendo, invece, fra don Romero e don Milani, padre Turoldo o il ragazzo (musulmano) che ha animato la rivolta dei bambini-schiavi. Fra scurrilità della Commedia dell'Arte e ammiccamenti alla Fo, Sarti è un Pio XII che parla in latinomaccheronico e ha una mitra in forma di cupola di San Pietro mentre Storti (padre Pio), è un fratone pugliese che va matto per i peperoni fritti. Con travestimenti clowneschi animano una farsaccia di grana grossa per la gioia degli anticlericali più irriducibili e l'afflizione dei buoni cristiani. S'abbuffano di pastasciutta, evocano le malefatte dell'Inquisizione e della pedofilia, mentre Radio Maria-censura (voce di Daniele Luzzati) diffonde notizie non propriamente edificanti. I due si buttano in faccia colpe e omissioni: il silenzio di Pio XII sulla Shoah, la trasformazione di San Giovanni Rotondo in una Las Vegas del Sud. Saranno i tempi turbati, ma il pubblico si scompiscia dal ridere in tutta questa prima parte (che ha bisogno di essere compattata). Quanto alle reazioni degli ambienti cattolici staremo a vedere. Ma poi la farsa («che non intende - dice Sarti - attaccare il sentimento della fede»), si fa seria perchè con il bravo e tonitruante Godot in gonnella di Delma Pompeo, svolta dalla parte degli «ultimi»: e nel teatro assistiamo a un coinvolgimento su cui la Chiesa, forse, farà bene a riflettere.
Maria Grazia Gregori, L’Unità – 28 marzo 2007
(…) L'inferno esiste, anzi è intorno a noi e dentro di noi: l'ha confermato papa Benedetto XVI. Figurarsi se non esiste il paradiso: lo ribadisce con sferzante ironia uno spettacolo anarchico e popolare dove si ride e parecchio come Io santo, tu beato in cui è di scena la Chiesa con due figure come Pio XII e Padre Pio presi rudemente in giro senza arzigogoli. Perché i due protagonisti, Renato Sarti (anche regista) e il suo sodale Bebo Storti, che insieme di battaglie ne hanno fatte moltissime dai tempi di Mai morti, usando il testo come un canovaccio, pur parlando di cose serissime, le vedono con un occhio ridente ma non per questo indulgente. Il pubblico, che a ogni replica ha affollato Io santo, tu beato in scena al Teatro della Cooperativa di Milano, costringendo a salti mortali chi cercava i biglietti, lo sa molto bene e si diverte a questo teatro di confine, dove il riso si confonde con il pensiero e il divertimento va di pari passo con la denuncia. Come non ridere, infatti, quando alle porte di un paradiso creato dalle scene di Carlo Sala, sulle onde della musica di Carlo Boccadoro e l'esibizione di un trio musicale grintoso come i Riddle, fra nuvole e angeli popputi si incontrano Pio XII con una tiara che riproduce la basilica di San Pietro e Padre Pio, frate di campagna, un gran colino luminoso piantato dietro le spalle a fare da santa corona? Si ride, ma intanto si rievocano pagine non proprio edificanti della storia della Chiesa: dalle crociate all'inquisizione, dalla vita dissoluta di certi papi alla discriminazione di sempre verso le donne, fino alla gigantesca merchandising, da Las Vegas, costruita attorno alla figura di Padre Pio, ai colpevoli silenzi della Chiesa sulla deportazione degli ebrei da parte di Pio XII, ma anche all'eccessiva indulgenza nei confronti della pedofilia dei preti. Di contro ecco il sogno di una Chiesa che stia dalla parte dei più poveri, che rifiuti la terribile e oscena povertà di alcune popolazioni, l'Aids galoppante (…) Non è sicuramente politicamente corretto questo Io santo, tu beato, ma sarebbe anche un po' stupido aspettarselo. I nostri due eroi sono un fiume in piena e in omaggio alla commedia dell'arte giocano con il corpo e con i dialetti, improvvisano a braccio, castigano ridendo. Così ce n'è per tutti: da Panzerotten altrimenti detto anche Ratzi che sarebbe poi il papa attuale, a Ruini che «si prugnizza», a «Gipidue» (cioè Giovanni Paolo II) che ha chiesto scusa per gli errori della Chiesa ma che, avendo nel corso del suo papato fatto 482 santi e 1338 beati, costringe i nostri sbalestrati protagonisti ad aspettare fuori dalla porta del paradiso e poi a cercare il giudizio del pubblico, spesso considerato come punto di riferimento. E che dire del liberatorio grido di «Rutelli no» e del ruggito per Mastella? Così succede che anche Dio, più volte evocato, appaia in scena nelle vesti di una ragazza del terzo mondo (Delma Pompeo), si fumi una canna e si incavoli anche di brutto chiedendo ai due il senso di certi comportamenti. E racconti - malgrado gli interventi di disturbo di Radiomariacensura affidati all'invisibile Daniele Luttazzi -, un mondo in cui, come cantano tutti, compreso Antonio Cornacchione, trascinato a forza con due ragazze dalla platea in palcoscenico, Everybody needs Somebody mentre in sala, sotto pressante invito dei due dioscuri, tutti si baciano... Insomma fosse tutto così l'inferno non sarebbe poi male, anzi sarebbe decisamente meglio, qualche volta, di tanti paradisi.