Via Hermada, 8 – 20162 Milano -
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
in collaborazione con Università degli Studi di Milano - Corso di Sociologia della Criminalità Organizzata
un progetto di Nando Dalla Chiesa e Marco Rampoldi
drammaturgia Paola Ornati e Marco Rampoldi
su testi e ricerche di Thomas Aureliani, Arianna Bianchi, Eleonora di Pilato, Pierpaolo Farina, Francesca Festa, Marco Fortunato, Filippo Franceschi, Martina Greco, Roberto Nicolini, Chiara Sanvito, Arianna Zottarel
con Lucia Marinsalta
spazio scenico Marco Rossi
regia Marco Rampoldi
foto Laila Pozzo
si ringrazia Fondazione Cristina Mazzotti, Davide Bianco, Carlo Smuraglia, Giuliano Turone
“L’altezza non consentiva alla prigioniera di mantenere la posizione eretta. La ragazza era tenuta al freddo e al buio. Inoltre l’aerazione della cella non poteva essere che deficitaria se la comunicazione con l’esterno avveniva mediante un tubo di plastica della sezione di 5 cm…”
Nel 1972 nel nord Italia la parola mafia evoca più un film di grande successo che una minaccia incombente, molto più vicina di quanto si immagini. Il sequestro di Pietro Torrielli Jr, vigevanese, figlio di una famiglia legata all’industria della calzatura, segna l’inizio di una tragica sequenza di rapimenti prevalentemente di giovani, operati dalla criminalità organizzata in Lombardia.
Così, in silenzio, dalla defilata provincia ha inizio una storia di violenze; di esorbitanti richieste di riscatto, soldi che servono alle organizzazioni mafiose per finanziare il nascente traffico di stupefacenti; di condizioni di sopravvivenza sempre più bestiali, mano a mano che a Cosa Nostra si sostituisce la ’ndrangheta. La società civile, scossa dall’escalation del terrorismo e dei suoi rapimenti “illustri”, si rende conto con troppa lentezza della portata del fenomeno.
Le vittime, prima, sono cognomi conosciuti (in molti casi tutt’oggi): Alemagna, Perfetti, Rancilio… poi, diventano solo cose, merci di scambio, e spesso non tornano più a casa. Come Cristina Mazzotti, diciotto anni. Muore la sera del pagamento del riscatto, il suo corpo viene abbandonato in una discarica. 5 centimetri d’aria racconta questa tragica stagione, concentrandosi sulla vicenda di “Cricri”, che, come tante altre di queste vittime, prima è stata lasciata sola, poi cantata solo dal silenzio.
IL PROGETTO. Lo spettacolo nasce da un Laboratorio di Scrittura per la scena organizzato dal Piccolo Teatro di Milano, rivolto agli studenti, ai dottori e ai dottorandi del corso di Sociologia della Criminalità Organizzata del Professor Nando Dalla Chiesa, dell’Università Statale di Milano. 5 centimetri d’aria è un monologo per voce femminile in cui convergono, in un flusso continuo, tante voci: quelle delle vittime, quelle dei carnefici, quelle dei giovani spettatori che rimangono attoniti, quelle degli spettatori meno giovani che in un bisbiglio pronunciano: «Io c’ero…».
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