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Nome di battaglia Lia

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produzione Teatro della Cooperativa
con il patrocinio di Associazione Nazionale Partigiani Italiani, Associazione Nazionale Ex Deportati, Istituto nazionale Ferruccio Parri. Rete degli Istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, Federazione Italiana Associazioni Partigiane, Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia
testo e regia di Renato Sarti
con Marta Marangoni, Rossana Mola, Renato Sarti
musiche di Carlo Boccadoro | video BUZZ 2001
MEDAGLIA COMMEMORATIVA
DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA

 

Molte volte, quando si pensa alla Resistenza, l’immagine più usuale a cui si fa riferimento è quella del partigiano combattente e spesso ci si dimentica delle storie apparentemente periferiche. Ci si dimentica che, al di là dei momenti alti e celebrativi, esiste un mondo fatto di episodi che fanno parte di una quotidianità ai più sconosciuta ma dal valore estremamente significativo.
All’interno della grande pagina della Resistenza, il quartiere di Niguarda a Milano, e le donne dei suoi cortili, ebbero un ruolo particolare. Niguarda si liberò il 24 aprile 1945, con un giorno di anticipo su Milano. E fu proprio in quel giorno che si consumò uno degli episodi più tragici della Liberazione della città: colpita al ventre da una raffica di mitra di nazisti sulla via della fuga, moriva – incinta di otto mesi – Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia Lia, una delle figure più importanti del Gruppo di Difesa della Donna. Quest’ultimo vantava a Milano ben quarantamila aderenti, di cui oltre tremila attiviste: assisteva i militari abbandonati da un esercito allo sbando; aiutava economicamente le famiglie in cui il marito, o il padre, era nei lager o in carcere; era parte integrante dei Gruppi Volontari della Libertà e del comitato cittadino del C.L.N.; organizzava manifestazioni e comizi improvvisati nei mercati rionali o in altre zone della città; forniva staffette in operazioni delicate; stampava “Noi Donne”, un foglio clandestino precursore del movimento femminista. Inoltre, sulle spalle delle donne ricadeva gran parte del peso della realtà quotidiana, fatta di bambini e anziani da accudire nel freddo, nella fame e nelle malattie.

Un ritratto tragico e insieme vivace della Niguarda resistente, dedicato alle donne e al loro coraggio.
Un testo basato su testimonianze dirette del nostro recente passato, che, attraverso la riscrittura drammaturgica, si fa tragedia, dolore antico, arcaico. Emblematiche le ultime parole di Lia prima di morire: «Quando nascerà il bambino non ci sarà più il fascismo».

Nell’aprile del 2010 la Camera dei deputati ha ospitato, presso la Sala della Lupa a Palazzo Montecitorio Nome di Battaglia Lia. Per questo spettacolo la Presidenza della Repubblica ha conferito una medaglia commemorativa al Teatro della Cooperativa.

Per informazioni > distribuzione@teatrodellacooperativa.it

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Rassegna Stampa

Ugo Volli, La Repubblica
È uno spettacolo che dovrebbero vedere tutti, che dovrebbe essere portato nelle scuole e nelle fabbriche. Perché il suo messaggio è il più importante di tutti per un paese democratico: l’orgoglio della libertà, l’onore di sacrificarsi per la libertà.
Magda Poli, Corriere della Sera
Uno spettacolo importante che racconta una triste e bellissima storia di libertà, […] che con perizia drammaturgica Renato Sarti fa emergere da testimonianze di vecchie compagne, da libri sulla Resistenza […]. Lontana da retoriche di facili eroismi racconta la dignità di un’idea di libertà e, in tempi in cui si tende a ridurre la Resistenza a feroce guerra civile e il regime fascista a blanda dittatura, riscoprire figure come quella di Lia e la storia di un quartiere come Niguarda, fa bene all’anima, al senso critico, alla memoria.
Ugo Ronfani, Il Giorno
Gli eroismi anonimi delle donne che agivano contro la fame e le malattie dei bambini e degli anziani, che aiutavano la fuga dei predestinati ai lager, che cucivano le bandiere e i bracciali del riscatto evocano i sogni di un’umanità disperata e – senza sforzo – si traducono nella lingua popolare, con i fili d’oro del dialetto, della recitazione fervida, pulsante di Marangoni, di Mola e di Sarti.
Sandro Avanzo, Radio Popolare
Renato Sarti è in qualche maniera un erede diretto delle teorie teatrali di Pasolini, perché scrive i suoi testi basandosi sulla parola […]. Uno spettacolo di grande emozione […] perché fa capire come si possa far teatro in maniera civile e come sia importante fare teatro in maniera civile. Tutto quanto il plauso a Renato Sarti e alle due attrici che sono in scena con lui, Rossana Mola e Marta Marangoni.
Roberta Migliavacca, Diario
Renato Sarti ricostruisce una storia che, in quanto vicenda “minore” della Resistenza, correva il rischio di essere dimenticata. […] Marta Marangoni e Rossana Mola, sul palco con Sarti, sono brave e generose nel suggerire i differenti caratteri delle donne a cui danno voce, così convincenti da far dire a Nori Brambilla Pesce, una delle più intrepide gappiste milanesi: “È stato proprio così, eravamo giovani, ci sentivamo belle, allegre. Ègiusto che venga fuori anche questa nostra normalità. Non eravamo incoscienti, sapevamo di correre dei rischi. Ma volevamo un’Italia diversa, libera, e non c’era altra scelta oltre a quella di resistere e combattere”.
Valeria Ravera, Tuttoteatro
Sarti dimostra una notevole abilità nella costruzione drammaturgica ritraendo con pochi precisi tocchi un’epoca e raccontandoci non solo l’eroismo di chi si impegnò nella lotta per la liberazione ma anche i momenti più quotidiani, le piccole cose che rendevano più lieve la vita.
Mario Brandolin, Il Messaggero Veneto
Per questo suo mostrare la lotta di liberazione come momento di grande mobilitazione e condivisa partecipazione, oltre che per la teatralità con cui essa rivive sul palcoscenico, grazie anche alla bella e coinvolgente prova delle due interpreti Marta Marangoni e Rossana Mola e dello stesso autore e regista, Nome di battaglia Lia è uno spettacolo importante, di senso e di necessità.
Adelio Rigamonti, Sonda Life
Diventato un imperdibile cult sulla Resistenza, si ritrova il Renato Sarti […] che rivive e fa rivivere pagine della nostra storia politica, sociale e civile con la seria cocciutaggine del ricercatore di fonti inconfutabili, siano esse tratte da ritagli di giornale, libri o, come per lo più in questo caso, dalla viva voce degli ultimi testimoni. […] Un vasto affresco, assai ben supportato da documenti e interviste, sulle donne nella Resistenza. […] Un testo che scorre veloce, leggero, e che per molti tratti è capace di suscitare anche risate, un testo decisamente teatrale.
Diego Vincenti, Il Giorno
Un classico di teatro civile. Quasi un rito collettivo. Da vedere. Perché è uno spettacolo bello ed emozionante, interpretato dalla brava Marta Marangoni insieme a Rossana Mola e allo stesso Sarti. E per un atto di coscienza. Contro oblii e revisionismi.